Spalla

La spalla è una articolazione, ovvero quella struttura anatomica dove due ossa si incontrano. La maggior parte delle articolazioni prevedono un movimento di un osso sull’altro. L’articolazione della spalla prevede il movimento dell’omero sulla scapola. La parte dell’omero che forma l’articolazione della spalla si chiama testa, ha una forma sferica e una superficie ampia. Invece la parte scapolare si chiama glena, ha la forma di un piattino ed una superficie molto piccola rispetto a quella della testa omerale.

Le rispettive forme e superfici consentono alla spalla un ampio raggio di movimento. Durante ogni movimento la testa omerale deve rimanere ben centrata sulla glena e alcune strutture garantiscono questa stabilità. I legamenti gleno-omerali sono come delle corde che vanno dalla testa omerale alla glena scapolare e fungono da stabilizzatori passivi. I vari muscoli, con i relativi tendini, che vanno dalla scapola all’omero (cuffia dei rotatori) per mezzo della loro azione contraente fungono invece da stabilizzatori attivi.

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La cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori è un complesso di quattro tendini.
Un tendine è la parte terminale di un muscolo, ovvero quella parte attraverso cui un muscolo aderisce ad una struttura ossea, permettendo quindi al muscolo stesso di esercitare la sua funzione. Nel particolare i muscoli i cui tendini vanno a formare la cuffia dei rotatori si chiamano sottoscapolare (1a), sovraspinoso (1b), sottospinoso (1c) e piccolo rotondo (1d).
Essi prendono tutti origine dalla scapola e si portano verso l’estremità prossimale dell’omero, chiamata testa, ove si inseriscono per mezzo dei rispettivi tendini. Quest’ultimi poiché abbracciano la testa omerale come una “cuffia” e poiché consentono i movimenti di rotazione dell’arto superiore, sono stati chiamati cuffia dei rotatori. La loro principale funzione è quella di mantenere stabile la testa dell’omero durante i vari movimenti della spalla.

La lesione della cuffia dei rotatori

Molti studi hanno evidenziato come queste lesioni sono frequenti nei pazienti di età superiore ai 55 anni ed estremamente rare nei pazienti di età inferiore ai 40 anni. Questo avviene perché i tendini della cuffia dei rotatori vanno incontro ad un progressivo processo degenerativo “età correlato”.
Ciò significa che i tendini si indeboliscono e diventano meno resistenti con l’avanzare dell’età. Quindi in pazienti anziani è sufficiente anche un trauma di minima entità per creare una lesione. Al contrario nei pazienti giovani risulta necessario un trauma grave, di elevata entità per creare una lesione.
In taluni casi il continuo attrito dei tendinei contro l’acromion porta ad una progressiva usura degli stessi tendini, fino ad arrivare alla loro rottura (vedi capitolo conflitto subacromiale).

Cosa comporta una lesione della cuffia dei rotatori?

Queste lesioni inizialmente sono caratterizzate da notevole dolore. Nella maggior parte dei casi questo dolore si localizza in regione deltoidea, ovvero lateralmente alla spalla, e si manifesta più intensamente nelle ore notturne disturbando il sonno dei pazienti. Il dolore ovviamente limita funzionalmente la spalla. Deve essere chiaro però come in questa fase tale limite funzionale è soprattutto antalgico (dovuto al dolore). Tipicamente il dolore con il passare del tempo tende a diminuire. Mentre aumenta però gravemente il deficit funzionale non antalgico. Ovvero la lesione diventa così estesa che i tendini non riescono più a svolgere la propria funzione.

Come evolve una lesione della cuffia dei rotatori?

Purtroppo queste lesioni molto difficilmente guariscono da sole. Anzi nel tempo tendono ad aumentare di dimensioni e creare serie alterazioni biomeccaniche all’articolazione della spalla. Le lesioni della cuffia dei rotatori nella maggior parte dei casi hanno un carattere evolutivo che porta nel tempo a danni così importanti da non poter più esser riparati. Tutto ciò lascia capire quanto sia importante una diagnosi precoce di queste lesioni tendinee.

Com'è possibile fare diagnosi?

La storia riferita dal paziente unita ad un attento esame clinico condotto da un medico ortopedico specialista esperto di patologia di spalla permette una diagnosi di sospetto. La conferma diagnostica viene fornita da un esame strumentale, quale ecografia, artroTAC o risonanza magnetica. Senza alcun dubbio quest’ultima definisce con maggior precisione il tipo e l’entità della lesione. Inoltre consente al chirurgo di analizzare altri elementi, quali il grado di degenerazione tendinea, muscolare o ossea, che risultano imporanti per definire le possibilità di riparazione chirurgica.

Come si ripara la lesione?

Nel caso in cui la lesione non sia inveterata e quindi sia stata diagnosticata precocemente risulta spesso possibile eseguire una riparazione anatomica, ovvero riportare il tendine laddove era inserito prima di lesionarsi. Questa reinserzione tendinea avviene per mezzo di piccole ancorette o viti nelle quali passano dei fili di sutura. Mentre le prime vengono infisse nella testa omerale, con i fili viene suturato il tendine. Nel caso in cui la lesione sia inveterata, il tendine risulta spesso troppo retratto per poterlo riportare laddove si era disinserito. Non risulta possibile quindi eseguire una riparazione anatomica. In questi casi risulta eventualmente possibile eseguire una riparazione funzionale, suturando la lesione per quanto possibile, riducendola quindi di dimensioni, consentendo alla cuffia dei rotatori di mantenere gran parte della sua funzione, sebbene non sia stato possibile ripararla anatomicamente.

La Tendinopatia calcifica

La tendinopatia calcifica è una patologia che coinvolge i tendini della cuffia dei rotatori ed è caratterizzata da un deposito di sali di calcio all’interno dei tendini stessi, dove questi si inseriscono sulla testa omerale. L’ampiezza del deposito varia da pochi millimetri a diversi centimetri. In alcuni casi tende negli anni ad autorisolversi, arrivando al riassorbimento completo del deposito calcifico.

tendinopatia-calcifica

Come si manifesta clinicamente la tendinopatia calcifica?

Spesso questa patologia è clinicamente silente, ovvero pur essendo presente il deposito calcifico il paziente non avverte alcun disturbo. Talvolta invece il paziente lamenta un dolore cronico subdolo che tende a manifestarsi
soprattutto durante uno specifico movimento. In altri casi infine il paziente descrive una sintomatologia comparsa acutamente e caratterizzata da un vivo dolore alla spalla presente anche a riposo e durante le ore notturne, associato ad una importante limitazione funzionale.

Come si può fare la diagnosi?

La sintomatologia dolorosa alla spalla in assenza di traumi deve far sorgere il sospetto di tendinopatia calcifica. In questi casi anche una semplice radiografia della spalla permette di mettere in evidenza il deposito calcifico. Una risonanza magnetica permette di valutare il rapporto tra lo stesso deposito calcifico ed il tendine ed in particolare quanta e quale parte del tendine è coinvolta dalla malattia.

Come si può trattare?

Il trattamento varia a seconda dell’ampiezza del deposito calcifico e della gravità della sintomatologia dolorosa. In alcuni casi ci si può limitare a trattare il dolore con terapia fisica, kinesitrerapica ed infiltrativa. Il altri casi si può stimolare il riassorbimento della calcificazione con onde d’urto. Il altri casi ancora si deve procedere con la sua asportazione chirurgica per via artroscopica.

Instabilità di spalla

Per instabilità di spalla si intende una perdita parziale o totale dei rapporti articolari. Questo succede quando la testa omerale durante il movimento non rimane centrata sulla glena scapolare. La perdita dei rapporti articolare è parziale se la testa omerale non scavalca il ciglio glenoideo, mentre è totale se lo scavalca completamente. Nel primo caso si parla di sublussazione, nel secondo di lussazione.

testa omerale e glena scapolare
testa omerale lussata

Perché origina un'instabilità di spalla?

Ovviamente è il movimento della testa omerale sulla glena scapolare che può dare origine alla perdita dei rapporti articolari. Questo movimento può essere dovuto ad un trauma o ad un gesto non opportunamente controllato della spalla.

Cosa lamenta un paziente che soffre di instabilità di spalla?

Una lussazione di spalla risulta molto dolorosa, comporta un importante deficit funzionale e una deformità scheletrica. Per ridurre tale lussazione risulta necessario l’intervento di uno specialista che con specifiche manovre
riporta la testa omerale nella sede corretta. La sintomatologia che rimane anche dopo la riduzione dipende ovviamente dall’entità del danno che il trauma ha comportato. Quindi progressivamente la sintomatologia si riduce
ed il paziente può riprendere la funzione della spalla. Diversamente una sublussazione comporta un dolore acuto che regredisce immediatamente quando la testa omerale rientra nella propria sede a seguito di un movimento eseguito dal paziente stesso. I sintomi riferiti dal paziente a distanza dall’evento traumatico sono dolore e più spesso una sensazione di insicurezza durante l’esecuzione di specifici movimenti data proprio dal
movimento della testa omerale sulla glena e la conseguente parziale perdita dei rapporti articolari.

Cosa comporta?

L’instabilità di spalla comporta una tensione sui legamenti che spesso conduce ad una loro disinserzione o lesione. L’instabilità può anche causare lesioni ai tendini, come al capo lungo bicipitale o alla cuffia dei rotatori. In rari casi può causare delle fratture o delle lesioni neurologiche. Chiaramente il danno legamentoso, tendineo ed eventualmente osseo è tanto maggiore quanto maggiore è il tempo da cui è presente l’instabilità. Ne consegue l’importanza di una precisa diagnosi e di un adeguato trattamento.

Com'è possibile fare la diagnosi?

La storia riferita dal paziente unita ad un attento esame clinico condotto da un medico ortopedico specialista esperto di patologia di spalla permette nella maggior parte dei casi la diagnosi. L’esame strumentale, quale risonanza magnetica o meglio artro-risonanza magnetica (ovvero con mezzo di contrasto) permette di definire il danno conseguente all’instabilità.

Come si cura?

Nel caso in cui l’esame clinico e gli esami strumentali abbiano messo in evidenza un danno ai legamenti o ad altre strutture può essere indicata la riparazione chirurgica. La riparazione del complesso legamentoso avviene per mezzo di piccole ancorette o viti nelle quali passano dei fili di sutura. Mentre le prime vengono infisse nel ciglio della glena scapolare, con i fili vengono suturati i legamenti riportandoli nella sede corretta e dando loro la giusta tensione.
In modo analogo si può riparare la cuffia dei rotatori e il capo lungo bicipitale. Di fondamentale importanza risulta intraprendere un iter rieducativo preoperatorio che stimoli progressivamente l’attività stabilizzante dei muscoli scapolo-omerali e scapolo-toracici.